Come Ho Sconfitto Le Mie Frasi Killer E Come Le Uso Con I Miei Pazienti

Devi credere in te stessa! Da qui parte la mia riflessione.

E’ sufficiente ripetermi da sola “ce la posso fare” affinché le cose cambino?

No, non basta. Certo, mi è stato d’aiuto darmi un po’ di coraggio e dirmi che avevo tutte le carte in regola per ottenere ciò che volessi.

Ma non funziona così, o meglio, per me è stato vero fino ad un certo punto.

Infatti, non mi spiegavo perché, nonostante il mio auto-incoraggiamento prima di una prova importante, provassi così tanta ansia, proprio io che non sono particolarmente ansiosa, anzi.

O perché, prima di una valutazione, mettessi in discussione la mia preparazione, al punto che perfino l’esperienza acquisita sembrava sparire in alcune circostanze.

Il concetto di autoefficacia (Bandura, 2000; Clum, Rice, Broussard, Johnson, Webber, 2014) ovvero la convinzione che si ha nell’essere in grado di portare a termine gli obiettivi prefissati, mi colpì molto durante gli studi universitari, così da farlo diventare il mio motto.

Attenzione alle frasi killer

E’ stato consolatorio, ma essendo analitica e cognitiva ho bisogno di capire il perché delle cose. Andando a scavare nei meandri del mio inconscio, ho trovato le cosiddette frasi killer: sono quelle frasi che sentiamo dire dalle figure genitoriali quando siamo bambini e che, dette volontariamente o inconsapevolmente, ci segnano per tutta la vita.

Eccone qualche esempio:

Effetto su di noi delle frasi killer

Questi sono solo alcuni esempi di frasi killer che sminuiscono la persona e il suo saper fare, andando a minare lo sviluppo dell’autoefficacia personale. Queste frasi sono rafforzate in quanto sono dette generalmente dalle figure genitoriali, contribuendo a costruire delle credenze non veritiere sulle capacità che (non) si hanno per affrontare e superare le prove della vita.

Scoprire il proprio copione

Ho ricondotto le mie frasi killer ai copioni (Stewart, Joines, 2000), che, spiegati in modo molto sintetico e semplicistico, altro non sono che delle decisioni inconsapevoli prese nell’infanzia, che ci aiutano a definire la realtà in cui viviamo.

La storia di Maria

In un percorso di counseling con una cliente molto giovane che ho seguito, abbiamo lavorato sul concetto di autoefficacia, analizzando quelli che sono stati i suoi successi, le decisioni prese e le strategie utilizzate per il raggiungimento degli obiettivi. Già il solo fatto di aver esaminato i suoi traguardi è stato importante per lei, in quanto non si era mai soffermata su questo aspetto:

averli visti come successi ha cambiato la sua prospettiva.

Maria comincia a valutarsi meglio

Aver dato una valenza positiva e messo in risalto le ricchezze a disposizione ha comunque portato la mia cliente ad avere un altro angolo di prospettiva su se stessa.

Il lavoro che si può fare sull’autoefficacia mi appassiona e al contempo lo trovo estremamente stimolante: lo si può fare scegliendo il tipo di livello a cui si è pronti a lavorare e soprattutto sul quale il cliente o paziente è disposto e pronto ad arrivare. Ognuno sceglie la propria profondità, tu a quale profondità sei disposto a scendere?

Ti piace il mio modo di lavorare? Sentiamoci!

Insieme possiamo fare un percorso di counseling per aumentare la tua autoefficacia. Scrivimi a info@robertasette.it oppure chiamami al +39 3384282200.


Bibliografia

Bandura A. (2000). Autoefficacia. Teoria e applicazioni. Erickson.

Clum G.A., Rice J.C., Broussard M., Johnson C.C., Webber L.S. (2014). Associations between depressive symptoms, self-efficacy, eating styles, exercise and body mass index in women. Journal of Behavioral Medicine, Vol. 37, Issue 4, pp 577-586.

Stewart I., Joines V. (2000). L’analisi transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani. Garzanti.

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