Sono Roberta, una psicologa al primo anno di specializzazione.
Sto facendo amicizia con la mia rabbia.
Non far soffrire la mamma
Sono una ragazza socievole ed emotiva. Sono cresciuta in una famiglia “sana ed equilibrata”, dove tuttavia mi è stato passato il messaggio, in modo inconsapevole, che non è bello arrabbiarsi: da piccola mi veniva detto:
“Non fare così altrimenti mamma ci resta male.”
In adolescenza, quando ero nel pieno dell’affermazione di me stessa e volevo esprimere le mie ragioni mi veniva detto:
“Sembri un’isterica.”
Ho iniziato così a non esprimere liberamente la mia rabbia, imparando a contenere e controllare le mie reazioni e al contempo urlare per far sentire le mie ragioni.
Ingoiare la rabbia e disturbi psicosomatici
Passata così la mia adolescenza ad acquietare i miei istinti per assecondare la mia famiglia, ora mi ritrovo a chiedermi:
“Quali e dove sono le mie vere emozioni? E questa mia rabbia? Che cos’è? Che ci faccio?”
Infatti arriva un momento della vita in cui il nostro “adattamento”, per ragioni diverse, inizia a vacillare, e quello che abbiamo tanto imparato a controllare si presenta sotto forme che spesso non sappiamo riconoscere, come i disturbi psicosomatici: l’ulcera duodenale, il pilorospasmo e la colite, dermatite, ipertensione, incrementi parossistici della frequenza cardiaca e mal di testa, aggravati da stati di eccitazione emotiva (Beck, 1984).
Grazie alla terapia scopro le emozioni “negative”
Secondo Ekman e Rosenber (1997) attraverso l’associazione degli stati affettivi con le relative espressioni emozionali, le persone sono in grado di riconosce le emozioni.
Bene, per me non è stato così, perché solo quando ho iniziato la mia terapia individuale ho tolto un velo di patina che avevo posto sulla mia emotività.
La mia terapeuta mi ha accompagnata in questo percorso di scoperta di me stessa e delle mie emozioni, facendomi scoprire la possibilità di contattare anche quelle emozioni che in letteratura sono chiamate “emozioni negative” (Fredrickson, 1998).
Ho avviato un contatto con me stessa, grazie al quale oggi inizio a permettermi d’essere triste per le ferite che oggi sono cicatrici e a contattare e riconoscere la mia rabbia:
la rabbia per le ferite della bambina che è in me e a cui non ho potuto dare voce.
La rabbia per tutte le volte che non mi sono sentita ascoltata e compresa, e la rabbia che oggi sento per l’aggressione traumatica subita e con cui sto facendo ancora i conti.
Dove sono ora?
Oggi posso affermare che le situazioni che sono state per me fonte di delusione e di rabbia hanno iniziato a dare una svolta alla mia vita, perché è nell’emotività che si effettua il cambiamento.
Ho ancora molto su cui lavorare ma con l’aiuto giusto sto sperimentando che anche se la rabbia è un’emozione negativa può diventare un mezzo potente e un grande conduttore di energia da trasformare in modo costruttivo e sano.
Con la terapia individuale sento che sto andando nella giusta direzione e che mai come in questo momento mi sono sentita così autentica e libera.
Bibliografia
Beck, Aron T., (1984). Principi di terapia cognitiva. Un approccio nuovo alla cura dei disturbi affettivi. Astrolabio Ubaldini.
Caprara, G.V., (2001). La valutazione dell’autoefficacia. Costrutti e strumenti. Erickson (a cura di).
Ekman, P., (1992). “Are there basic emotion?”. « Psychological Review», n. 99, pp. 550-553.
Ekman, P., Rosenberg, E., (1997). What the Face Reveals: Basic and Applied Studies of Spontaneous Expression Using the Facial Action Coding System. Oxford University Press, New York.
Fredrickson, B.L., (1998). “What good are positive emotions?”. «Review of General Psychology», vol. 2, n. 3, pp. 300-319.