Il bullismo: che cos’è, caratteristiche e modalità di intervento

Che cos’è il bullismo?

Volendo dare una definizione manualistica di che cos’è il bullismo, è un abuso sistematico di potere tra compagni di scuola.

Il bullismo è tale per alcune caratteristiche che progressivamente sono state messe in rilievo (Olweus, 1999; Menesini, 2000): è un’azione intenzionale e reiterata nel tempo da parte del bullo nei confronti della vittima, di tipo aggressivo sia sul piano fisico (calci, pugni…) e verbale (offese, minacce…) che psicologico, tramite l’esclusione o la diffamazione. Molto spesso è una interazione asimmetrica, di disequilibrio e di forza tra il bullo e la sua vittima.

E il cyberbullismo?

E’ un atto aggressivo, intenzionale, agito, attraverso l’utilizzo di smartphone, tablet e tutti i dispositivi mobili, con i quali si possono diffondere tramite internet o sms, immagini, video e notizie riguardanti una persona a sua insaputa ad un pubblico vasto. L’aggressore in forma anonima agisce intenzionalmente per nuocere la vittima, che non può facilmente difendersi, ad esempio con l’invio di un’immagine umiliante.

Le ricerche condotte in Italia hanno portato ad individuare alcune caratteristiche psicologiche del bullo e della vittima, differenziandone le tipologie (Menesini, 2003):

Le tipologie di bullo sono:

  1. Il bullo dominante: è per lo più maschio, più forte fisicamente o psicologicamente rispetto ai compagni. Ha un’elevata autostima ed è favorevole all’uso della violenza. Ritiene che con l’aggressività si possa ottenere ciò che si vuole, tendendo a giustificare il proprio comportamento con indifferenza ed ha una scarsa empatia nei confronti degli altri.
  2. Il bullo gregario: è tipicamente ansioso, poco popolare nel gruppo e insicuro. tende a farsi trascinare nel ruolo o a sostenere il bullo per poter affermarsi all’interno del gruppo.
  3. Il bullo-vittima: è definita anche vittima aggressiva o provocatrice, pur subendo le prepotenze dei compagni, agisce aggressivamente (Olweus, 1993). Spesso si tratta di un bambino emotivo, irritabile e con una difficoltà nella gestione delle proprie emozioni, ha atteggiamenti provocatori e iperattivi di fronte agli attacchi dei compagni.

Le tipologie di vittima sono:

  1. La vittima passiva: è un ragazzo tendenzialmente passivo, calmo, sensibile e contrario all’uso della violenza e se maschio, più debole fisicamente. La sua modalità ansiosa o sottomessa, segnala ai bulli la sua insicurezza e la difficoltà nel reagire (Menesini, 2003).
  2. La vittima provocatrice: è un ragazzo che con il suo comportamento irrequieto, iper-attivo e irritante, provoca gli attacchi del bullo contrattaccando. Caratterizzato da scarsa autostima e un’opinione negativa di sè e delle proprie competenze e nel riconoscimento delle proprie emozioni (Menesini, 2003).

Il bullismo nella scuola primaria

Molto spesso c’è il pregiudizio nel riconoscere che il bullismo sia presente nella scuola primaria, anche da parte degli  stessi operatori del settore socio-educativo.

I compagni più deboli, i ragazzi appartenenti ad un’altra etnia e altri gruppi di minoranza, sono le vittime prese di mira. Un’altra categoria di studenti, oggetto di prevaricazioni e derisioni, sono i ragazzi il cui comportamento non è tipico dell’identità di genere. In questi casi è estremamente importante fare attenzione in quanto il bullismo coincide con la molesti sessuale (Menesini, 2003).

Lavorando in questo contesto, molto spesso mi è capitato di sentir dire che non si trattava di bullismo, ma semplicemente

“E’ una scaramuccia tra ragazzini!”

“Sono cose che possono capitare!!”

Gli episodi di bullismo avvengo nelle aule, nei corridoi, nei bagni della scuola, in cortile. In genere i bulli appartengono alla stessa classe della vittima o a classi superiori.

Perché è importante occuparsi del bullismo, ci sono ripercussioni a lungo termine?

Le vittime di bullismo sono affette da diversi tipi di disagi, quali la solitudine, la depressione, l’ansietà, l’insicurezza, la bassa autostima e un’eccessiva passività nelle relazioni sociali. Alcuni studi effettuati a lungo termine condotti da Olweus (1993) hanno riscontrato che c’è una non trascurabile capacità di recupero in età adulta, nei casi in cui non si è fatto alcun tipo di intervento riparativo, anche componenti di ansia e di insicurezza tipiche dei soggetti vittime di violenza e un elevato rischio di sviluppare tendenze depressive (Menesini, 2003).

Si può intervenire in modo preventivo?

Una ricerca condotta su un campione di adolescenti (Gini, Albiero, Benelli, 2005) ha mostrato come i ragazzi aggressivi, il bullo e i suoi sostenitori, hanno una bassa capacità empatica rispetto ai compagni non aggressivi. Nelle vittime Il livello di empatia è più elevato e, ancor più, nei compagni che assumono il ruolo di difensori della vittima, sono caratterizzati da alti livelli di comportamento prosociale e di aiuto.

il ruolo dell’empatia nel bullismo

I bassi livelli di empatia nel bullo, non permettono di anticipare le reazioni e quindi le emozioni che possono produrre nell’altro, il suo comportamento aggressivo.

Le vittime hanno bassi livelli di efficacia sociale, nell’area dell’efficacia assertiva e di quella scolastica.I bulli hanno una difficoltà rispetto all’efficacia scolastica e regolatoria, mentre hanno un senso di autoefficacia complessivamente positivo nell’area dell’autoefficacia assertiva e sociale.

l’autoefficacia è così importante?

Il bullo ha un buon senso di autoefficacia nella sfera delle relazioni sociali e quindi si sentono più spigliati e in grado di ricoprire il ruolo appunto da leader, mentre la vittima ha una bassa autoefficacia in questa sfera, che lo porta generalmente ad avere un atteggiamento più remissivo.

Questo significa che l’emapatia e l’autoefficacia sono fattori protettivi all’insorgere delle caratteristiche che possono determinare il ruolo di bullo e di vittima.

Come intervenire

Nell’ottica del mio approccio umanistico integrato, il focus del lavoro è volto ad aumentare la consapevolezza di sè e della scoperta delle proprie emozioni e quindi della loro gestione, soprattutto per quanto riguarda le emozioni di Tristezza e Rabbia, che molto spesso sono la causa di problematiche varie. La modalità di intervento si esplica mediante due tipologie di intervento diverse:

  1. E’ un intervento strutturato per le scuole mediante un progetto volto al coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti, quindi con degli incontri per gli insegnanti, degli incontri di classe per gli alunni e degli incontri di gruppo per i genitori basati sul sostegno alla genitorialità. Questi incontri vertono su tematiche rivolte alla gestione del conflitto e allo sviluppo della comunicazione efficace.
  2. E’ un’intervento rivolto alle famiglie che si trovano in difficoltà nella gestione dei propri figli all’interno dell’ambiente scolastico. Il percorso è rivolto alla coppia genitoriale che si ritrova ad affrontare dinamiche nuove e disfunzionali del figlio/a che si ripercuotono sull’intero sistema.

 


Bibliografia

Genta M. L. (2017), “Bullismo e cyberbullismo. Comprenderli per combatterli. Strategie operative per psicologi, educatori ed insegnanti”. FrancoAngeli, Milano.

Gini G., Albiero P., Benelli B., (2005), “Relazione tra bullismo, empatia ed autoefficacia percepita in un campione di adolescenti”. Psicologia clinica dello sviluppo. Il Mulino, Bologna.

Menesini E. (2003), “Bullismo: le azioni efficaci della scuola. percorsi italiani alla prevenzione e all’intervento“. Erickson, Trento.

Olweus D. (1999), Sweden. In P.K. Smith, Y. Morita, J. Junger-Tas, D. Olweus, R. Catalano e P. Slee (a cura di), “The Nature of school bullying. A cross national perspective”. London, Routledge.

Come Ho Riscoperto La Mia Rabbia E Come La Uso A Mio Vantaggio

Sono Roberta, una psicologa al primo anno di specializzazione.
Sto facendo amicizia con la mia rabbia.

Non far soffrire la mamma

Sono una ragazza socievole ed emotiva. Sono cresciuta in una famiglia “sana ed equilibrata”, dove tuttavia mi è stato passato il messaggio, in modo inconsapevole, che non è bello arrabbiarsi: da piccola mi veniva detto:

“Non fare così altrimenti mamma ci resta male.”

In adolescenza, quando ero nel pieno dell’affermazione di me stessa e volevo esprimere le mie ragioni mi veniva detto:

Sembri un’isterica.”

Ho iniziato così a non esprimere liberamente la mia rabbia, imparando a contenere e controllare le mie reazioni e al contempo urlare per far sentire le mie ragioni.

Io da bambina

Ingoiare la rabbia e disturbi psicosomatici

Passata così la mia adolescenza ad acquietare i miei istinti per assecondare la mia famiglia, ora mi ritrovo a chiedermi:

“Quali e dove sono le mie vere emozioni? E questa mia rabbia? Che cos’è? Che ci faccio?”

Infatti arriva un momento della vita in cui il nostro “adattamento”, per ragioni diverse, inizia a vacillare, e quello che abbiamo tanto imparato a controllare si presenta sotto forme che spesso non sappiamo riconoscere, come i disturbi psicosomatici: l’ulcera duodenale, il pilorospasmo e la colite, dermatite, ipertensione, incrementi parossistici della frequenza cardiaca e mal di testa, aggravati da stati di eccitazione emotiva (Beck, 1984).

Io da adolescente

Grazie alla terapia scopro le emozioni “negative”

Secondo Ekman e Rosenber (1997) attraverso l’associazione degli stati affettivi con le relative espressioni emozionali, le persone sono in grado di riconosce le emozioni.

Bene, per me non è stato così, perché solo quando ho iniziato la mia terapia individuale ho tolto un velo di patina che avevo posto sulla mia emotività.

La mia terapeuta mi ha accompagnata in questo percorso di scoperta di me stessa e delle mie emozioni, facendomi scoprire la possibilità di contattare anche quelle emozioni che in letteratura sono chiamate “emozioni negative” (Fredrickson, 1998).

Ho avviato un contatto con me stessa, grazie al quale oggi inizio a permettermi d’essere triste per le ferite che oggi sono cicatrici e a contattare e riconoscere la mia rabbia:

la rabbia per le ferite della bambina che è in me e a cui non ho potuto dare voce.

La rabbia per tutte le volte che non mi sono sentita ascoltata e compresa, e la rabbia che oggi sento per l’aggressione traumatica subita e con cui sto facendo ancora i conti.

Dove sono ora?

Oggi posso affermare che le situazioni che sono state per me fonte di delusione e di rabbia hanno iniziato a dare una svolta alla mia vita, perché è nell’emotività che si effettua il cambiamento.

Ho ancora molto su cui lavorare ma con l’aiuto giusto sto sperimentando che anche se la rabbia è un’emozione negativa può diventare un mezzo potente e un grande conduttore di energia da trasformare in modo costruttivo e sano.

Con la terapia individuale sento che sto andando nella giusta direzione e che mai come in questo momento mi sono sentita così autentica e libera.


Bibliografia

Beck, Aron T., (1984). Principi di terapia cognitiva. Un approccio nuovo alla cura dei disturbi affettivi. Astrolabio Ubaldini.

Caprara, G.V., (2001). La valutazione dell’autoefficacia. Costrutti e strumenti. Erickson (a cura di).

Ekman, P., (1992). Are there basic emotion?”. « Psychological Review», n. 99, pp. 550-553.

Ekman, P., Rosenberg, E., (1997). What the Face Reveals: Basic and Applied Studies of Spontaneous Expression Using the Facial Action Coding System. Oxford University Press, New York.

Fredrickson, B.L., (1998). What good are positive emotions?”. «Review of General Psychology», vol. 2, n. 3, pp. 300-319.

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